Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Nel corso del 2009 e 2010 il prezzo del petrolio ha subito continue oscillazioni; quando è basso si “raffredda” l’interesse per le fonti di energia rinnovabili. Quanto ai mutamentin climatici diligenti opinionisti e lobbysti sostengono che non solo non c’è pericolo di mancanza di petrolio, ma neanche pericolo di mutamenti climatici indotti dall’uso dei combustibili fossili, tutte favole, anzi “bufale”, miti, hoaxes, come si dice oggi. Ancora più inutile, quindi, spendere soldi per solare, eolico e affini.
E ancora una volta mi permetto di raccomandare sia a studiosi, sia a imprese, di non basare le loro iniziative sulle dicerie, su quanto viene fatto circolare da gruppi di interessi, ma piuttosto di cercare di guardare ad un futuro più lontano. Troppe volte la passione per le fonti energetiche rinnovabili – ma anche per le materie prime e i prodotti da risorse naturali rinnovabili – si è dissolta come neve al sole proprio perché era passione momentanea, non basata su indagini e studi convincenti.
Vorrei vivamente raccomandare di affrontare il lavoro verso l’energia del futuro con coraggio e lungimiranza. La società umana avrà bisogno di energia e di merci. Gli abitanti del primo mondo (paesi industrializzati), del secondo mondo (India, Cina e Sud est asiatico), avranno bisogno di fonti come petrolio, carbone e gas il cui rifornimento sarà sempre più aleatorio. Le fonti rinnovabili, in tutte le loro forme, con le invenzioni già note e con quelle che possono ancora essere sviluppate, sono destinate a soppiantare energie e merci esistenti. Infine esiste un terzo mondo in cui duemila milioni di esseri umani non hanno abitazioni, acqua, luce, medicinali, istruzione, informazioni. Per tutti questi non c’è petrolio o carbone a sufficienza e la salvezza umana può venire dall’uso delle forze naturali che sono intorno a loro: Sole, prima di tutto, e poi foreste, vegetazione spontanea, vento, forze delle onde, moto delle acque.
Vorrei raccomandare di non polarizzare l’interesse sui soldi, sulla ricerca di fonti che “costano” meno di quelle fossili per joule o per chilowattora, sulla ricerca di incentivi statali, spesso dissipati per macchine e localizzazioni affrettate e che non danno garanzie.
Non si tornerà a fonti energetiche fossili a basso prezzo; la concentrazione dell’anidride carbonica di origine antropica nell’atmosfera continuerà ad aumentare. Il successo per l’uso dell’energia solare --– diretta e nelle forme indirette in cui si manifesta, come vento. moto ondoso, biomasse, calore deglim oceani --- al servizio dell’umanità, soprattutto dei paesi emergenti, richiede la crescita di una “cultura” ingegneristica, ma anche territoriale, la conoscenza anche delle risorse naturali disponibili in ciascun posto, del tipo dei bisogni e della loro distribuzione nel territorio. A mio modesto parere tale “cultura” può venire soltanto da una rinnovata attenzione per proposte, successi e insuccessi del passato: dalla “storia”, insomma.
Da qui l’importanza di raccogliere ed esaminare criticamente articoli, libri, spesso dimenticati e di offrire la loro rilettura e lettura a coloro che, nei prossimi anni, si getteranno a chiedere soldi pubblici per “nuove” macchine e dispositivi “solari”. A tal fine sarebbe utile la raccolta e circolazione della documentazione esistente su episodi, esperimenti, realizzazioni nel campo dell’energia solare e delle fonti rinnovabili. Da qui l'importanza di un archivio nazionale della storia dell'energia solare come quello che da molti anni è stato creato e si sta arricchendo ad opera della Fondazione Luigi Micheletti di Brescia www.fondazionemicheletti.it, www.musil.bs.it.
Questa iniziativa non ha soltanto interesse storico o culturale o intellettuale. C‘è la possibilità che molte soluzioni che saranno proposte e finanziate con pubblico denaro siano parziali e insoddisfacenti proprio per mancanza di conoscenze di errori passati. E’ prevedibile la necessità di ricorrere ad uno scrutinio tecnologico sulla base dell’analisi critica proprio dei successi e degli errori del passato perché, come ha scritto Shakespeare, “il passato è prologo”.
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