giovedì 23 settembre 2010

La chimica al servizio del vento

2011 Anno internazionale della chimica

La Gazzetta del Mezzogiorno, domenica 6 dicembre 2009

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Dimitri Mendeleev (1834-1907), il grande chimico russo, è ricordato principalmente per aver “scritto”, nel 1869, una tabella nella quale aveva disposto in ordine di peso atomico crescente tutti i 63 elementi noti al suo tempo. A mano a mano che procedeva, quando trovava un elemento con proprietà chimiche simili a quelle di uno già incontrato, lo scriveva in una casella sotto il primo, e così via. In questo modo ciascuna riga conteneva atomi con proprietà diverse e ciascuna colonna conteneva atomi con proprietà simili. Le righe si chiamano oggi “periodi” e le colonne “gruppi”. Era una intuizione sbalorditiva: infatti quando veniva scoperto un nuovo elemento, ancora Mendeleev in vita, questo andava a collocarsi proprio in una delle caselle lasciate vuote; non solo, ciascuna posizione nella tabella mostrò di avere un significato chimico ben preciso. Immagino il dispiacere di Mendeleev nel vedere che nella sua tabella c’erano degli enormi vuoti. Dopo il lantanio, che ha peso atomico 138 (138 volte il peso dell’idrogeno) conosceva il cerio che pesava 140 (un metallo usato negli accendini a sfregamento), ma l’elemento successivo noto pesava 180. Deve essere contento, là dove ora si trova, vedendo che tutte le caselle sono state riempite e anzi che quel vuoto è ora pieno di ben 17 elementi: i primi due sono lantanio e cerio, seguiti da elementi dai nomi poetici: neodimio, promezio, samario, europio, lutezio, eccetera, chiamati, per la loro limitata diffusione, ”terre rare”.

Non varrebbe la pena di parlare delle terre rare, o “elementi lantanidi” se non fossero venuti ad occupare delle posizioni commerciali e strategiche enormi, al punto che c’è un intenso crescente sfruttamento delle poche miniere in cui si trovano a bassissima concentrazione, ”rari” appunto. Tanto per capirci ve li nomino tutti, in ordine: lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tallio, itterbio, lutezio. Guardate le pale dei motori eolici che si stagliano contro il cielo delle nostre colline, ruotando lentamente e producendo elettricità. Ebbene questo è possibile perché sono stati inventati dei magneti permanenti che trasformano la rotazione delle pale in elettricità e tali magneti sono costituiti da una lega neodimio-ferro-boro contenente circa il 27 % di neodimio. La lega è stata scoperta quasi contemporaneamente nel 1982 dall’americana General Motors, dalla giapponese Sumimoto e dall’Accademia delle Scienze cinese. Una turbina da 1 megawatt di potenza contiene magneti che richiedono circa 200 chili di neodimio.

Sentite parlare delle automobili ibride, a benzina e elettriche, come la soluzione ecologica del futuro ? ebbene anche in ognuna di queste c’è un motore elettrico con magneti permanenti contenente neodimio. Le auto elettriche, poi, hanno bisogno di batterie di accumulatori a idruri di nichel che richiedono uno degli elementi delle terre rare, il lantanio, con aggiunta di praseodimio, disprosio e terbio. Il neodimio è indispensabile anche in tutti i magneti permanenti di cui siamo circondati, dalla superficie dei CD e dei DVD, a quelle strisce nere delle carte di credito, senza le quali non si potrebbero fare acquisti.

Siete contenti dei bei colori brillanti delle immagini del vostro televisore ? I vivaci toni del rosso sono possibili perché il rivestimento del video contiene europio. I grandi progressi degli schermi di computers e di telefoni cellulari con cui si può comunicare col tocco di un dito sono stati resi possibili da rivestimenti di ossido di indio e stagno. Senza contare l’uso del lantanio nella raffinazione del petrolio e di terre rare nelle ultrasofisticate apparecchiature militari.

La richiesta dei metalli delle terre rare sta rapidamente aumentando e aumenta anche il prezzo dal momento che il monopolio della loro estrazione è cinese, e i cinesi fanno sapere di voler limitare l’esportazione delle terre rare per usarle tutte nei loro grandi progetti di diffusione dei motori eolici e di sviluppo dell’elettronica di consumo che producono e esportano in tutto il mondo. Oltre il 90 per cento di tutte le terre rare prodotte nel mondo, poco più di 100.000 tonnellate all’anno, sono estratte da una grande miniera che si trova a Bayanobo nell’altopiano della Mongolia. La Cina produce il 100 percento delle tre terre rare più “strategiche”: disprosio, terbio e europio, assorbe il 60 % della propria produzione e esporta il resto, ma il grande paese è in rapida espansione e si prevede che aumenterà l’uso interno e diminuirà l’esportazione di terre rare.

Si può immaginare che i paesi occidentali siano ben preoccupati e cerchino altri giacimenti dei minerali da cui è possibile estrarre terre rare. A Mountain Pass, in California, c’è una grande miniera che, negli anni ottanta, era arrivata a produrre 20.000 tonnellate all’anno di lantanio e ossidi misti di neodimio e praseodimio; fu poi chiusa nel 2002 quando la Cina cominciò a invadere il mondo con le proprie terre rare a basso prezzo. Altri giacimenti da cui estrarre terre rare, ma con maggiori costi, si trovano in Canada, in Australia, in Russia; per inciso i minerali contenenti terre rare sono accompagnati da altri contenenti gli elementi radioattivi torio e uranio. Se cesseranno le esportazioni cinesi di terre rare aumenterà il prezzo di molte apparecchiature elettroniche, dei motori eolici e delle tanto attese auto elettriche. Inutile dire che c’è una grande agitazione nei mercati mondiali dei metalli e una febbrile ricerca di nuove leghe adatte per la fabbricazione di magneti permanenti. Una di queste è costituita da cobalto e samario che però è anche lui un elemento delle terre rare. Insomma gli elementi che Mendeleev non conosceva si stanno rivelando più preziosi dell’oro e dei diamanti.

Quanta energia solare ?

La Gazzetta del Mezzogiorno (Bari), martedì 29 giugno 2010

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Il campo delle energie rinnovabili, tutte derivate dal Sole, sta vivendo un periodo turbolento. Da alcuni anni finalmente ci si sta rivolgendo al calore e alla radiazione solare e alla forza del vento per ottenere energia, soprattutto energia elettrica, in forma meno inquinante e utilizzando forze che ritornano disponibili continuamente, rinnovabili, legate ai grandi cicli della natura. Il loro successo è stato finora in gran parte possibile grazie a consistenti contributi pubblici che hanno coperto la differenza fra il costo di produzione dell’elettricità, maggiore nel caso del Sole e del vento, rispetto al costo di produzione nelle centrali termoelettriche alimentate con fonti fossili, e al “prezzo unitario nazionale” dell’elettricità che si aggira intorno a circa 6 centesimi di euro al chilowattora (anche se a casa nostra la paghiamo oltre il doppio).

Non c'è pace fra le fonti rinnovabili

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 27 luglio 2010

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Non c’è pace neanche fra le fonti energetiche rinnovabili. A prima vista ci dovrebbe essere un generale accordo per passare dall’attuale dipendenza dalle fonti energetiche costituite da combustibili fossili come petrolio, gas naturale, carbone, o rifiuti, tutte inquinanti e non rinnovabili, a fonti energetiche rinnovabili, dipendenti dal Sole: calore solare, elettricità solare, elettricità dal vento o dal moto delle acque, calore dalle biomasse agricole e forestali ricreate ogni anno attraverso la fotosintesi solare. E invece anche fra i sostenitori di tale transizione ci sono opinioni non solo differenti, ma spesso in vivace contrasto, quasi una volontà di distruggere quello che si sta faticosamente facendo, quasi una conferma di quello che diceva Pogo nel famoso fumetto: “Ho scoperto il nemico e il nemico siamo noi”.

sabato 11 settembre 2010

Introduzione alla riedizione del libro Righini-Nebbia, "L'energia solare" (1966)

“Guglielmo Righini e Giorgio Nebbia, ‘L’energia solare e le sue applicazioni’”, nuova edizione a cura di Giorgio Nebbia, 64010 Zona Industriale Ancarano (TE), editrice Savine, 2010, p. 17-26



“Al servizio dell’Uomo”

Mia moglie Gabriella, instancabile e gioiosa compagna di lavoro e di vita per 54 anni, morta nell'agosto 2009, sarebbe stata contenta di questa nuova edizione del libro che avevamo visto nascere insieme.


Guardando indietro

Che senso ha resuscitare un libro scritto mezzo secolo fa ? Ogni libro ha un contenuto e una storia e questo riguarda una pagina dimenticata della storia della tecnica e della società contemporanea.

Alla fine della seconda guerra mondiale, nell’estate del 1945, il mondo era devastato dalle distruzioni, c’era voglia di ricostruire le case, di riprendere condizioni decenti di vita per un miliardo di persone nel mondo, nel Nord America, dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, di riallacciare rapporti umani, e per questo occorreva energia. Il carbone era la fonte di energia dominante, seguita dal petrolio che era costoso e ancora difficile da ottenere e raffinare. Si sapeva che era possibile trarre energia dall’atomo; ne aveva parlato Enrico Fermi al suo arrivo negli Stati Uniti nel 1939, quando ancora non si sapeva se una “pila atomica” avrebbe funzionato; lo aveva dimostrato la bomba atomica ma era difficile prevedere se l’atomo avrebbe fornito le grandi quantità di energia attese nel mondo; l’iniziativa “Atomi per la pace” del presidente americano Eisenhower sarebbe venuta soltanto alla fine del 1953.

Era perciò naturale che negli anni quaranta molti nel mondo guardassero al Sole come fonte di energia, gratuita, disponibile dovunque in tutte le forme desiderabili, di calore ad alta e bassa temperatura, di elettricità, e si voltassero indietro per capire in che modo l’energia solare avrebbe potuto essere usata per azionare macchine e dispositivi commerciali su larga scala.

Almeno dalla metà dell’Ottocento, negli Stati Uniti, in Francia, e in altri paesi erano stati costruiti e messi in commercio riscaldatori solari di acqua, piccole macchine alimentate con specchi solari o con collettori piani, distillatori per ottenere acqua potabile da quella marina col calore solare. Un ingegner Wilson nella seconda metà dell’Ottocento aveva costruito un grande distillatore solare nel Cile per fornire acqua potabile agli operai che estraevano salnitro nel deserto. Con lo stesso principio l’italiano La Parola aveva costruito dei distillatori solari di acqua marina in Libia.

In Italia già nell’Ottocento il fisico Antonio Pacinotti aveva riconosciuto la possibilità di produrre elettricità con “pile” termoelettriche scaldate dal Sole. Agli inizi del Novecento Giacomo Ciamician, professore di chimica a Bologna e una autorità della fotochimica, aveva preconizzato che un giorno l’energia solare avrebbe liberato i popoli dei paesi più ricchi di Sole dalla miseria e le stesse previsioni erano state fatte da fisici illustri; August Bebel aveva scritto che l’uso su larga scala dell’energia solare avrebbe contribuito a realizzare una auspicata società socialista liberando i lavoratori dalla fatica.

Si sapeva che il vento, mosso dal calore del Sole che scalda diversamente i continenti e i mari, poteva azionare macchine e pompe; l’americano Putnam negli anni trenta del Novecento, aveva costruito una grande macchina eolica da 1200 chilowatt e nelle zone agricole di tutto il mondo piccoli motori eolici sollevavano l’acqua dai pozzi. Gli uffici brevetti contenevano la descrizione di, letteralmente, centinaia di invenzioni di motori azionati dal moto ondoso, anche lui derivato dal vento e quindi dal Sole.

Negli anni trenta il francese Claude aveva costruito una macchina funzionante con il piccolo salto di temperatura esistente fra gli strati superficiali e profondi dei mari, secondo un principio che sarebbe stato utilizzato, alla rovescia, negli “stagni solari”.

In Italica nel periodo dell’autarchia studi sull’energia solare erano stati condotti nel Politecnico di Milano dai professori Dornig e Amerio e nell’Università di Napoli da D’Amelio, e sulla base di tali studi era stata costruita una pompa solare con un ciclo termico a bassa temperatura per sollevare l’acqua dai pozzi, quella che sarebbe stata commercializzata, dopo la guerra, dalla ditta Somor di Lecco. Vinaccia, un architetto di Milano, aveva scritto varie opere sull’uso dell’energia solare in edilizia.

Negli stessi anni trenta del Novecento nell’Unione Sovietica c’erano stati molti studi sull’energia solare. I Veinberg, padre e figlio, avevano costruito frigoriferi solari e progettato collettori solari antiirraggianti, quelli che sarebbero stati riscoperti nel 1960, indipendentemente, dall’italiano Giovanni Francia; a Mosca l’Istituto di Energetica Krzhizhanovsky conduceva ricerche su caldaie solari che sarebbero continuate nel laboratorio di Tashkent, nell’attuale Uzbekistan. Il fisico Ioffe aveva creato un centro di ricerche a livello internazionale sull’applicazione a fini energetici dell’effetto termoelettrico.

Maria Telkes, una chimica di origine ungherese, emigrata negli Stati Uniti, che si occupava di cellule termoelettriche e che aveva collaborato alla costruzione di varie “case solari”, aveva progettato, durante la guerra, un distillatore solare in dotazione ai naufraghi con cui era possibile ottenere, col calore solare, un po’ di acqua potabile dal mare (p. 153).

Felix Trombe in Francia aveva costruito sui Pirenei un grande forno solare a specchi per condurre ricerche sui materiali ad alta temperatura, un perfezionamento di quello che Lavoisier aveva fatto nel 1774.

C’erano quindi le premesse per sperare nel Sole come fonte diretta e indiretta di energia e in vari paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, il paese più industrializzato, ricercatori e governi affrontarono il problema dell’utilizzazione “pratica” dell’energia solare.

Nell’agosto 1950 si tenne a Cambridge, negli Stati Uniti, un simposio sul riscaldamento solare degli edifici. Nel 1951 il presidente americano Truman affidò ad una speciale commissione, guidata da William Paley, il famoso presidente della CBS, una indagine sulle “Risorse per il futuro”, di questo si occupavano allora i governi illuminati. Il capitolo sull’energia solare fu affidato a Putnam, già ricordato come una autorità nel campo dell’energia eolica, autore, poco dopo, nel 1953, del libro “Energy for the future”, contenente favorevoli prospettive per l’utilizzazione dell’energia solare.

Nello stesso 1951 la American Academy of Arts and Sciences organizzò una Conferenza sul “Sole al servizio dell’Uomo”, con la “u” maiuscola. Il titolo sembrava il manifesto di una chiamata a raccolta di sforzi per trarre dalla forza del Sole i mezzi per soddisfare le necessità di energia, cibo, acqua per i paesi industrializzati e per quelli ancora coloniali, poveri, sottosviluppati.

Negli anni successivi ci fu quasi una frenesia di convegni sull’energia solare. Uno sul tema: “The trapping of solar energy”, si svolse nell’aprile 1952, promosso dalla Ohio Academy of science a Columbus, Ohio. Un “Symposium on the utilization of solar energy” si svolse nel settembre 1953 a Madison, presso l’Università del Wisconsin, organizzato dal prof. Farrington Daniels, una delle autorità in questo campo. L’energia solare si affacciò alla conferenza mondiale dell’energia del 1954 di Rio de Janeiro, e nell’ottobre dello stesso anno l’Unesco organizzò a New Dehli, in India, una “Conference on Solar energy and Wind power”, sollecitando l’attenzione per tutte e due le fonti di energia “rinnovabili”.

Nel 1954 nell’assolata Arizona alcuni imprenditori aveva creato una associazione per lo studio dell’energia solare “applicata”, quella che sarebbe diventata, anni dopo, la Solar Energy Society, e incaricarono lo Stanford Institute della California di redigere un inventario di quello che si sapeva sull’energia solare e sui laboratori che se ne stavano occupando nel mondo, ne risultò il volume, apparso nel 1955: “A directory of world activity and bibliography of significant literature”.

Sulla base dei documenti raccolti, la stessa associazione organizzò, nel novembre dello stesso 1955, a Phoenix e a Tempe, in Arizona, il “World symposium on Applied Solar energy” e una grande mostra campionaria delle apparecchiature note. Gli atti del simposio furono pubblicati nel 1956.

Nel febbraio 1961 a Roma si tenne un convegno e una mostra sull’energia solare durante la quale furono esposti alcuni distillatori solari costruiti a Bari e fu presentata anche una automobile “solare”, una Ford T con le celle solari sul tetto.

Nell’agosto 1961 le Nazioni Unite organizzarono a Roma una grande conferenza sul tema: “New Sources of Energy: Solar, Wind, Geothermal”, i cui atti in molti volumi sono ancora una fonte fondamentale di tutto quello che si sapeva sull’energia solare. Seguì, nel settembre dello stesso anno, un’altra conferenza sull’energia solare e eolica a Sounion in Grecia.

Questi eventi permisero di fare un bilancio di quello che avrebbe potuto essere fatto con l’energia solare; il russo Valentin Baum propose una ingegnosa centrale solare a specchi che seguivano il noto apparente del Sole nel cielo, collocati su vagoni ferroviari in continuo movimento; in Israele, Harry Tabor un immigrato di origine inglese, aveva costruito motori alimentati da fluidi scaldati con semplici concentratori solari, collettori solari piani ad alta assorbimento e stagni solari. In Italia il Consiglio Nazionale delle Ricerche finanziò alcuni studi sperimentali nel campo solare.

Radicalizzando un poco, si può dire che in dieci anni, dal 1950 al 1960, una specie di “età dell’oro dell’energia solare”, si sono rese disponibili tutte le conoscenze per la preparazione dell’avvento di una società capace di utilizzare appieno le risorse energetiche rinnovabili derivate dal Sole. Una volta scoperto che le proprietà di semiconduttore del silicio potevano essere utilizzate per trasformare la radiazione solare in elettricità, si trattava di passare da un rendimento (frazione di radiazione solare recuperata come elettricità) del 5 per cento (1955) a quello attuale del 10-15 %. Le proprietà di semiconduttori dei solfuro, seleniuro e tellururo di cadmio erano già note in quegli anni lontani.

Poche parole

In questi vivaci anni di scoperte e innovazioni nacque l’idea di questo libro: poche parole per spiegare sono stato coinvolto nella scrittura di una sua parte. Sono laureato in chimica e nei primi anni cinquanta ero assistente (così si chiamava allora chi cominciava la “carriera” universitaria) all’Istituto di Merceologia dell’Università di Bologna. Fino allora mi ero occupato di vari problemi, anche se nel corso di Merceologia tenuto agli studenti di Economia e Commercio un capitolo era dedicato alla merce-energia e anche all’energia solare. Ricordo bene che nel settembre 1953 trovai un articolo --- ma sono sempre stato convinto che sia stato l’articolo a cercare me --- in cui erano descritti gli esperimenti di Maria Telkes, che ho ricordato prima, sui distillatori solari. L’articolo mi fece grande impressione: sconfiggere col Sole la sete di chi era privo di acqua in tante parti del mondo ! Costruii così il mio primo distillatore solare con lastre di plexiglas e ricordo l’emozione di vedere che in capo ad alcune ore, un vaso si era riempito di acqua dolce. Costruii altri distillatori e pubblicai i primi risultati già nello stesso 1953, a cominciare da un congresso di Geofisica e Meteorologia a Genova alla fine del 1953. Nei due anni successivi insegnai nell’Università di Bari, in una regione in cui il Sole era abbondante e l’acqua scarsa, e qui costruii altri distillatori solari con legno, vetro e plastica, e alcuni furono esposti alla Fiera del Levante e attrassero qualche attenzione. Tornai poi a Bologna dove installai altri distillatori: uno nei Giardini Margherita, un grande parco pubblico davanti alla casa dove abitavo, e per oltre un anno andavo tutte le mattine a misurare la quantità di acqua distillata nel giorno precedente, tenendo per mano mio figlio di tre anni.

Nel 1957 ottenni un contributo dal Consiglio Nazionale delle Ricerche per partecipare a Washington alla prima conferenza sulla dissalazione in cui presentai i risultati delle ricerche di Bari e Bologna. Infine nel 1959 fui chiamato definitivamente alla cattedra di Merceologia a Bari dove potei costruire alcuni altri distillatori solari. Alcuni distillatori portai nelle isole Tremiti, altri a Pantelleria. Mi sembrava e sono ancora convinto che proprio in queste isole, in cui l’acqua dolce era portata con navi cisterna, i distillatori solari potessero dare un utile contributo. Devo dire che neanche adesso in Italia la distillazione solare è presa sul serio, mentre nel mondo vengono costruiti e venduti distillatori solari e incoraggiata la costruzione di questi semplici dispositivi da parte delle popolazioni locali con materiali locali.

Nel 1961 partecipai alla Conferenza delle Nazioni Unite sulle ‘nuove’ fonti di energia, tenuta a Roma nell’agosto e a quella di Sounion, già ricordata, nel settembre successivo. In questa occasione il francese Marcel Perrot, un professore che aveva condotto ricerche sull’energia solare in Algeria ed era venuto a Marsiglia dopo l’indipendenza del paese, propose la costituzione di una Cooperazione per lo studio dell’energia solare (Comples), prevalentemente “francofona”, in alternativa a quella, prevalentemente anglofona esistente negli Stati Uniti. Siccome ero l’unico italiano, fui incluso fra i fondatori di questa associazione che, dopo varie vicissitudini, praticamente scomparve negli anni ottanta.

In questa atmosfera l’editore Feltrinelli propose la pubblicazione di un libro sull’energia solare; la dott. Libera Venturini dell’ufficio editoriale suggerì di integrare la parte sulla “utilizzazione”, l’unica di cui sapevo qualcosa, con una parte, più o meno della stessa lunghezza, sul Sole come corpo celeste e nessuno poteva scriverla meglio di Guglielmo Righini, professore di astrofisica nel prestigioso osservatorio solare di Arcetri e principale specialista italiano di studi sul Sole. Secondo i miei ricordi la preparazione del libro richiese circa due anni, penso dal 1963 al 1965, con frequenti incontri col prof. Righini a Firenze. Varie lettere scambiate durante la preparazione del libro si trovano nel Fondo “Giorgio e Gabriella Nebbia” donato alla Fondazione Micheletti di Brescia, http://www.musil.bs.it/allegati/Nebbia_Inventario_Solare.pdf

Il libro apparve finalmente nel 1966; la parte relativa alle utilizzazioni dell’energia solare riflette quello che si sapeva --- e quello che io conoscevo --- su tale fonte di energia. Con il senno (si fa per dire) di poi avrei potuto parlare dell’energia del vento e dell’energia del moto ondoso, entrambi derivati dal Sole, dell’energia ricavabile dalle acque tenute in moto dall’energia del Sole, della biomassa “fabbricata” per fotosintesi e dei suoi usi energetici; allora si pensava piuttosto alla produzione di biomassa sotto forma di alghe, principalmente Chlorella, in vasche esposte al Sole.

Le celle fotovoltaiche al silicio, realizzate nel 1952 e allora costose e utilizzate per fornire energia a bordo dei satelliti artificiali erano nella loro infanzia, ma già era stato suggerito di alimentare con pannelli solari in cima a un palo le “radio di villaggio” nei paesi poveri, in grado di fornire informazioni sulle pratiche agricole e sanitarie e sulle previsioni meteorologiche. Fra le furbizie dell’età “solare” di cui parla il libro vorrei ricordare l’idea di immagazzinare il calore solare sfruttando il calore latente di fusione di alcuni sali come il solfato sodico che diventano liquidi a circa 35 gradi assorbendo il calore solare e restituiscono la notte, tornando allo stato solido, il calore ad una stanza fredda.

Il libro che avete fra le mani non ebbe, alla sua uscita, fortuna; negli anni fino al 1973 l’editore ne vendette soltanto 300 copie. La passione per l’energia solare era infatti nel frattempo sfumata, negli anni del petrolio abbondante e a basso prezzo e degli sperati successi dell’era nucleare.

Una ”resurrezione” dell’interesse per l’energia solare si ebbe con la crisi petrolifera degli anni 1973-74 e successivi: improvvisamente il mondo si trovò davanti ad un aumento fino a dieci volte del prezzo del petrolio; le speranze dell’energia nucleare cominciavano ad appannarsi con i primi incidenti, e il mondo ricominciò a guardare all’energia solare come possibile fonte di energia per il futuro; diecine di libri furono scritti sull’argomento e anche il nostro si vendette fino all’esaurimento delle scorte.

Comunque anche la passione solare degli anni settanta durò poco, fino a quando il prezzo del petrolio è tornato ai valori di prima della crisi: centinaia di scaldacqua solari rimasero ad arrugginire sui tetti.

Una nuova resurrezione di macchine e dispositivi solari ed eolici, di imprese commerciali e di scritti, si è avuta in questo inizio del XXI secolo, grazie anche ad incentivi finanziari in tutto il mondo. Ma questa è storia di oggi.

Il passato è prologo

Se un lettore vuole sapere di più sull’energia solare trova in commercio ormai moltissimi testi e documenti, anche in Internet, ma se ha qualche curiosità per sapere come si è arrivati ai successi di oggi qualche idea troverà anche in questo vecchio libro. A tanti anni di distanza, continuo a credere nella virtù della semplicità delle soluzioni, pensando che l’uso del Sole deve essere “capibile” dalle società più povere che sono poi quelle di paesi in cui è più abbondante il Sole.

Se la ristampa di questo vecchio libro stimolasse qualche giovane studioso ad andare a esplorare le informazioni sepolte e dimenticate, suscettibili di risolvere problemi umani mettendo il Sole al servizio dell’uomo, come si sperava un secolo fa, la fatica dell’editore non sarebbe stata sprecata.

Per quanto mi riguarda quanto ho letto e conosciuto nel mezzo secolo trascorso da quando cominciai mettere mano al libro che avete fra le mani, mi ha confermato nella stessa passione di allora, nella stessa convinzione che, ci piaccia o no, al Sole dovremo pur rivolgerci nel futuro per risolvere molti dei nostri problemi e più presto lo faremo, con tanto maggiore entusiasmo cercheremo di perfezionare le strade esistenti e note, di aprire nuovi modi per ottenere dalle forze del Sole l’energia per liberare tanti esseri umani dalla povertà, tanto meglio sarà.

Qualcosa va detto sui numeri

Quando il libro è stato scritto la popolazione mondiale era di circa 3.000 milioni di persone e i consumi energetici erano di circa 30.000 miliardi di kWh/anno, pari a circa 100 EJ (p. 117). Nel 2010 la popolazione mondiale è arrivata a 6.800 milioni di persone e i consumi totali di energia sono saliti a circa 480 EJ, ma le differenze fra chi ha più energia e chi ne usa pochissima è ancora più rilevante; le persone con bassa o bassissima disponibilità di energia, che negli anni sessanta erano circa 2.000 milioni (p. 117) sono oggi oltre 3.500 milioni e la maggior parte abita in zone con elevata disponibilità di energia solare.

Il fabbisogno mondiale di energia nel 2010 è pur sempre cinquemila volte inferiore all’intensità della radiazione solare, circa 1.000.000 EJ/anno, che raggiunge i circa 150 milioni di km2 di terre emerse, corrispondenti ad una media di 18 MJ/m2.giorno, circa 4.000 kcal/m2.giorno, in quel campo di variazioni indicate nella tabella a p. 107.

Inutile dire che i prezzi in lire degli anni sessanta indicati qua e là nel libro non hanno nessuna relazione sui costi delle apparecchiature e sul valore dell’energia ottenibile con le tecnologie disponibili oggi, a mezzo secolo di distanza. Dicono qualcosa soltanto delle speranze che già allora venivano riposte nelle fonti energetiche rinnovabili.

sabato 4 settembre 2010

Il "Sole solido" -- SM 3231

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Era molto diversa dall’attuale la Terra 300 milioni di anni fa; anche allora c’erano continenti e oceani; anche allora la superficie dei continenti era squassata da terremoti e vulcani; anche allora i continenti si muovevano avvicinandosi e allontanandosi nel loro “galleggiare” sulla massa interna calda e fluida del pianeta; anche allora mutava continuamente la composizione chimica dell’atmosfera; anche allora la vita dominava incontrastata nei mari e sulle terre emerse. Per circa un milione di secoli sulla superficie dei continenti il Sole, con la sua energia e con l’acqua e i gas e i sali circostanti, ha fatto crescere un’esplosione di vegetazione: felci e grandi foreste che ospitavano innumerevoli animali, differenti da quelli che conosciamo noi ma bellissimi e impressionanti.