martedì 24 agosto 2010

SM 3089 -- Il sale "solare" -- 2009

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 30 giugno 2009

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Il Sole fa tante cose utili per gli esseri umani, con un crescente numero di macchine e dispositivi sempre più moderni, ma la prima e la maggiore applicazione “industriale” della sua energia è antichissima ed è quella della fabbricazione di una merce strategica, il sale, per evaporazione dell’acqua marina. Millenni fa un nostro antenato ha scoperto che il mare, nel suo andare avanti e indietro sulle spiagge, spinto dal vento, lasciava un residuo bianco cristallino adatto per conservare le carni e le pelli difendendole da una rapida putrefazione. Da quel momento in avanti qualche altro ha scoperto che si poteva riprodurre il fenomeno mettendo dell’acqua marina in laghi naturali o artificiali costieri e lasciando che il Sole ne evaporasse le acque fino a lasciare come residuo il prezioso sale, tanto prezioso che poteva essere scambiato con i popoli vicini per altre merci, addirittura poteva essere usato come moneta.

La produzione del sale per evaporazione solare dell’acqua marina era praticata dalle antiche civiltà, dal Mediterraneo all’estremo Oriente. Salaria si chiamava (e si chiama ancora) la strada che collegava le saline dell’Adriatico a Roma, il commercio del sale era monopolio degli stati ed era gravato da imposte, e quindi era oggetto di contrabbando. Col passare del tempo sono state costruite delle saline, le grandi vasche in cui far evaporare l’acqua marina, e si sono perfezionate le tecniche.

Una grande moderna salina, una delle più grandi d’Europa, si trova proprio in Puglia e la sua storia e funzionamento sono visitabili nel nuovo Museo della salina di Margherita di Savoia e sono stati descritti di recente nel libro: “Storie di donne e di uomini, di acque e di terre”, curato dai professori Francesca Bellafronte e Enzo Russo, con belle illustrazioni della giovane pittrice Velia Penza, un importante volume pubblicato dal Consorzio Consolida di Trani. Sembrano cristallini bianchi insignificanti, quelli che mettiamo nella minestra e negli alimenti, ma essi hanno dietro di se una affascinante storia tecnologica perché ottenere sale, il cloruro di sodio purissimo, dall’acqua di mare non è un problema banale e richiede molte “furbizie” per sfruttare le proprietà chimiche, fisiche e biologiche dell’acqua marina.

Una salina è un insieme di vasche poco profonde, col fondo impermeabilizzato, nelle quali viene fatta entrare l’acqua marina che contiene, in un litro, 35 grammi di sali totali di cui 29 sono costituiti dal cloruro di sodio. Col calore solare l’acqua evapora lentamente; l’evaporazione è maggiore nei mesi caldi dell’anno e da questo punto di vista l’attività di una salina è simile a quella dell’agricoltura che dipende anch’essa dalla radiazione solare, tanto è vero che si dice che il sale viene “raccolto”, come il frumento o le ciliegie. Una grande salina comprende due sezioni principali; nella prima, la più grande, l’acqua di mare si concentra gradualmente e lascia separare i sali meno solubili, il carbonato e il solfato di calcio; quando la concentrazione di sali raggiunge il valore di circa 150 grammi per litro la soluzione viene fatta passare, con un ingegnoso sistema a discesa, nelle vasche “salanti” nelle quali, sempre per evaporazione solare, la concentrazione dei sali arriva al valore di circa 250-300 grammi per litro. Ci se ne accorge perché, per quegli strani scherzi che la natura sa fare, a tale concentrazione la soluzione salina diventa rossa per la comparsa dell’alga “Dunialella salina”, uno spettacolo straordinario.

A questo punto il cloruro di sodio comincia a depositarsi, a cristallizzare, sul fondo delle vasche e restano in soluzione i sali più solubili che sono i solfati e i cloruri degli altri elementi presenti nel mare, soprattutto potassio e magnesio. Il sale deve essere “raccolto” dal fondo delle saline, un’operazione delicata perché lo strato di sale è di qualche diecina di centimetri e il sale non deve essere contaminato da altre sostanze. A Margherita di Savoia fu costruita una macchina raschiatrice (se ne vedono le fotografie nel volume citato) che fu copiata in altre saline del mondo. Il sale viene ora ammucchiato in alte piramidi bianche di colore abbagliante; lentamente si elimina la soluzione che ancora circonda i cristalli di sale e poi il sale viene lavato e purificato e costituisce il migliore sale da tavola. La soluzione residua dopo la separazione del cloruro di sodio costituisce l’“acqua madre” che trova vari impieghi commerciali; il più comune è per bagni curativi e infatti a Margherita di Savoia, accanto alla salina, si trovano delle apprezzate terme che attraggono i turisti.

In altri paesi dalle acque madri vengono separati prodotti come i sali di potassio, usati come concimi, o i sali di magnesio, utilizzati come materia prima per la produzione del magnesio, un importante “metallo leggero”. Dalle acque madri è possibile anche estrarre bromo; dal 1928 al 1993 proprio a Margherita di Savoia ha funzionato una fabbrica del bromo, poi chiusa in seguito ad una esplosione e mai riattivata, anzi da bonificare.

Pochi numeri indicano l’importanza del sale; la produzione mondiale è di 260 milioni di tonnellate all’anno, 60 in Cina, 40 negli Stati Uniti, 20 in Germania. La produzione di sale in Italia si aggira, con forti oscillazioni, intorno a 3 milioni di tonnellate all’anno. Di tutto il sale prodotto nel mondo circa 60 milioni di tonnellate all’anno sono ottenuti per evaporazione con l’energia solare, è questo il principale uso di questa fonte energetica rinnovabile; tutte le saline solari del mondo hanno una superficie di raccolta dell’energia solare di circa 2000 milioni di metri quadrati, oltre cento volte la superficie di tutti i pannelli solari termici e fotovoltaici e centrali a concentrazione in funzione.

Circa il 60 percento del sale prodotto nel mondo è assorbito dall’industria chimica per la produzione di carbonato di sodio e di cloro e derivati, circa il 30 percento è usato per l’alimentazione umana e del bestiame e il resto per eliminare il ghiaccio dalle strade, per la rigenerazione degli addolcitori per lavatrici e in altri usi. Fra l’altro, durante la lenta separazione nelle saline il sale forma bellissimi cristalli, vere sorprendenti opere d’arte. I pugliesi hanno ben motivo di essere orgogliosi di questa industria.



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