Pier Paolo Poggio (*)
e Giorgio Nebbia (**)
Questo convegno sul ruolo dei canali derivati dal fiume Nera
nella crescita economica e industriale di Terni presenta interesse sotto vari
aspetti: si tratta del capitolo della scienza e della storia dell’ambiente che
sintetizza lavoro, tecnologia, territorio, acqua, energia solare e,
naturalmente, storia. Si tratta della valorizzazione dell’energia ricavabile
dal flusso delle acque attraverso le valli e le pianure, tenuto in moto,
appunto, dall’energia solare.
Non solo l’energia idrica ha avuto un ruolo importante
nell’industrializzazione in Italia, l’”oro bianco”, come si chiamava in
alternativa al carbone, ma l’energia “contenuta” nel moto delle acque è stata
alla base dalla società tecnologica, di quella eotecnica di cui parla Mumford
in “Tecnica e cultura”.
La trasformazione del moto delle acque in movimento di
macchine, in moto rotatorio di ruote, è stata realizzata dalle società più
antiche. Di certo ci sono notizie che risalgono ad alcuni secoli prima di
Cristo in tutte le parti del mondo, in parte come risultato di scoperte
autonome, in parte attraverso la trasmissione di conoscenze attraverso i
continenti. Se ne trovano testimonianze, contemporanee e apparentemente
indipendenti, prima dell’inizio dell’era cristiana, in Cina, in India, nel
mondo ellenistico e in quello romano, in Mesopotamia, e poi nel mondo islamico
e nell’Europa medievale e poi in tutto il mondo, con continui perfezionamenti.
La soluzione dei problemi del trasferimento del moto
dell’acqua alle ruote orizzontali e verticali e il trasferimento del moto
rotatorio al moto lineare richiesto per muovere macine di cereali o pompe o
soffianti, si presenta con moltissime varianti e ha richiesto continue
innovazioni e anzi ha comportato la soluzione di problemi poi applicati quando
“il movimento” è stato ottenuto col calore.
Molte
utili informazioni si possono trovare nelle pubblicazioni di “molinologia” che
appaiono in moltissimi paesi dove esistono anche associazioni specializzate in
questi campo, in Italia interessanti contributi sono dovuti a Giuseppe Šebesta
(1919-2005), autore fra l’altro del volume “La via dei mulini”, Trento, 1976,
1997. Un utile contributo di sintesi, ricco di tavole illustrative, è dovuto a
Giuseppe Guanci, “Acqua & energia. Dalla ruota idraulica alla turbina”,
Firenze 2012.
La forza del moto delle acque che superano un dislivello
prima di chiudere il ciclo tornando al mare corrisponde ad una quantità di
energia grandissima. Nel mondo circa 40.000 miliardi di metri cubi di acqua
ogni anno scorrono dai continenti al mare; tenuto conto dei dislivelli che tali
acque superano, si può stimare che il loro “contenuto energetico” corrisponda a
circa 50.000 miliardi di chilowattore all’anno, delle quali le centrali
idroelettriche esistenti nel mondo recuperano ogni anno soltanto circa 3.500
miliardi di chilowattora (rispetto ad una produzione mondiale di energia
elettrica di circa 18.000 miliardi di chilowattore all’anno (1).
Nella sola Italia il flusso dell’acqua attraverso le valli e
i fiumi corrisponde a circa 150 miliardi di metri cubi all’anno; considerati i
dislivelli che l’acqua supera nel suo moto, si può stimare che il “potenziale
energetico” sia di circa 200 miliardi di chilowattore all’anno (2). La
produzione idroelettrica italiana ammonta peraltro soltanto a circa 40-50 miliardi
di chilowattore all’anno rispetto ad una richiesta elettrica italiana di circa
300 miliardi di chilowattora all’anno.
Dai dati disponibili dagli studi di Stefania Barca (3) e di
Paolo Malanima (4) è possibile stimare che l’energia idrica utilizzata in
Italia negli ultimi decenni dell’Ottocento, cioè prima della diffusione delle
centrali idroelettriche, sia ammontata a circa 200 milioni di chilowattora
all’anno.
Una parte di questa energia, a partire dai primi anni del
Novecento è stata utilizzata per la, produzione di elettricità in piccole
centrali, spesso diffuse nel territorio, talvolta con carattere di cooperative,
destinate a rifornire abitazioni e opifici a non grande distanza. Queste
piccole iniziative sono state poi assorbite dalle grandi società elettriche; le
centrali più piccole sono state spesso chiuse e sono stati creati grandi
impianti dove esistevano flussi di acqua e dislivelli abbastanza rilevanti,
tali da giustificare la costruzione di sbarramenti e macchinari (5).
Il quadro sta cambiando in seguito alla crescente attenzione
per le fonti di energia rinnovabili il cui uso, sotto forma di mini o
micro-idrolettrico, è incoraggiato da incentivi finanziari statali. Tale uso
potrebbe aumentare ulteriormente se si identificano la zone nelle quali in
passato i salti di acqua sono già stati utilizzati per azionare ruote ad acqua
per mulini, pompe, soffianti metallurgiche, segherie.
A tal fine le conoscenze sulla storia della diffusione di
tali dispositivi viene a costituire una importante pagine della storia della
tecnica. Alcune interessanti informazioni nel convegno sul tema: “I mulini ad
acqua: risorsa di ieri e di domani”, organizzato nel 2010 a Pereto (AQ) dalla
Società Italiana di Geologia Ambientale: http://www.sigeaweb.it/documenti/gda-supplemento-convegno-mulini.pdf
Il problema storico e scientifico delle prospettive
dell’energia idrica è uno dei temi di indagine della Fondazione Luigi
Micheletti e Museo dell’Industria e del Lavoro MusIL di Brescia
(www.musil.bs.it) che da molti anni sta raccogliendo archivi e documenti sulla
storia della tecnica, e in particolare sulla storia dell’energia solare
nell’età contemporanea
MusIL è già attivo nel campo della storia dell’energia
idrica con il restauro delle strutture della centrale idroelettrica di Cedegolo
(Brescia) sull’Oglio e con il restauro delle ruote ad acqua che alimentavano il
maglio e la ferriera di San Bartolomeo, alla periferia di Brescia, sul corso
del torrente Bova del sistema idrografico Mella-Garza, a sua volta parte del
bacino idrografico dell’Oglio (6).
MusIL ha avviato un programma di ricerche per identificare
dove si trovano i “segni” di utilizzazione dell’energia idrica: ruderi, ruote
idriche esistenti e abbandonate, ruote idriche ancora funzionanti, con
l’obiettivo di proporre la utilizzazione di alcune di tali “ruote” mediante le
attuali tecnologie per produrre elettricità rinnovabile, trattandosi di
strutture e interventi che non alterano il territorio e consentono di fornire
elettricità anche a relativamente piccole utenze che diventerebbero così
autonome.
E’ questa una occasione anche per ricostruite la storia del
territorio, dei bacini idrografici, unità di base per l’uso delle acque e la
difesa del suolo, e la storia della stessa prima industrializzazione italiana.
Il progetto prevede la identificazione e la collaborazione di associazioni,
gruppi e singoli studiosi, fra cui quelli degli “amici del fiume”, degli “amici
dei mulini”, e simili, impegnati nella ricostruzione della storia dell’uso
dell’energia idrica nei rispettivi territori. Utili collegamenti si possono
avere con l’Associazione Italiana Amici dei Mulini Storici, http://www.aiams.eu/index.php, con
sede a Revere (Mantova), fondata nel 2011, che pubblica in rete anche una vasta
bibliografia.
MusIL ha in corso una indagine in una area campione, quella
della Valle Camonica, l’alto corso del fiume Oglio dalle sorgenti fino alla
immissione nel lago d’Iseo. Il fiume Oglio è uno dei più importanti affluenti
del Po; nato dai ghiacciai dell’Adamello scende veloce verso il lago d’Iseo nel
quale si immette a Pisogne; con una portata media di circa 50 metri cubi al
secondo e un “contenuto” di energia potenziale dell’intero corso a monte di
circa 4 miliardi di chilowattore all’anno. Dal lago d’Iseo l’Oglio esce a
Sarnico e, dopo aver percorso una parte della pianura attraversando molti paesi
e città, si getta nel Po a Ponte Oglio con una portata media stimata di circa
140 metri cubi al secondo (7). Nel corso dell’industrializzazione tale
territorio ha visto nascere uno dei principali distretti idroelettrici
italiani, ma prima ed accanto ad esso è esistita una fitta rete di impianti idraulici,
di tipo pre e proto industriale che oggi potrebbe essere rivitalizzata.
La ricerca presenta interesse non solo dal punto di vista
della storia della tecnica e dell’industria, non solo perché si riferisce a
risorse energetiche rinnovabili e sostenibili, ma anche in relazione alla
soluzione di problemi energetici dei paesi emergenti. In molti di essi piccole
comunità si trovano sulle rive di fiumi, spesso di grandi fiumi dai quali, con
tecnologie intermedie, con materiali ottenibili sul posto, sarebbe possibile
trarre energia elettrica e meccanica nelle quantità sufficienti per un avvio
del processo di sviluppo umano.
(*) Fondazione Luigi
Micheletti e Museo dell’Industria e del Lavoro MusIL Brescia micheletti@fondazionemicheletti.it
(**) Università di
Bari, nebbia@quipo.it
(1) “Il lavoro umano
e l’ecosfera, MusIL, Brescia, 2007, https://docs.google.com/file/d/0B6Lw1i0jrnFENV9zWjY2alVFNkU/edit
(2) “Indagine sulle
risorse idroelettriche italiane”, Istituto di Ricerca sulle Acque, Consiglio
Nazionale delle Ricerche, Quaderno 7, Roma, 1973.
(3) Stefania Barca,
“Il capitalismo nelle vallate”, in P.P.Poggio e M.Ruzzenenti (a cura di),” Il
caso italiano. Industria chimica e ambiente”, Jaca Book, Milano 2012, p. 39-74
(4) Paolo Malanima, http://www.paolomalanima.it/default_file/Italian%20Economy/Energy-Italy.pdf
(5) Utili
informazioni nei volumi a cura di Luigi De Rosa e altri, “Storia dell’industria
elettrica in Italia”, Laterza, Bari 1993 e sgg.
(6) Si veda, fra
l’altro, il volume “Museo del ferro”, MusIL, Brescia, 2001, www.musilbrescia.it.
(7) Alcune utili
informazioni in: http://www.ilpaesaggiobresciano.it/documenti/elaborati/AcquaUnaMontagnaDiEnergia.pdf
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