giovedì 31 ottobre 2013

SM 3526 -- Energia rinnovabile con tecnche antiche -- 2013

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 19 febbraio 2013

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

 Nei programmi di utilizzazione delle energie rinnovabili c’è un capitoletto che riguarda le prospettive di valorizzazione delle risorse energetiche “contenute” nelle acque in continuo movimento nel nostro paese. L’energia solare fa evaporare nell’atmosfera l’acqua dai continenti e dai mari; questa acqua, nel condensarsi e ricadere sotto forma di pioggia e neve, scende continuamente dalle montagne e colline verso il mare e libera energia quando supera i dislivelli nelle valli e nelle pianure. Questa energia può essere trasformata, mediante turbine, in elettricità rinnovabile suscettibile, quindi, di godere delle facilitazioni fiscali riservate alle altre fonti rinnovabili come l’elettricità ottenuta con pannelli fotovoltaici o con pale eoliche. L’energia ricavabile dal moto delle acque è stata la prima grande fonte di energia per millenni, capace di far girare ruote che, a loro volta, azionavano mulini, segherie, macchine; soffianti per il ferro, telai.

Da alcuni anni sta crescendo l’interesse per la riscoperta delle tecniche, talvolta raffinate, delle ruote ad acqua. Un quasi sconosciuto studioso trentino, Giuseppe Šebesta, autore fra l’altro del libro “La Via dei Mulini”, ha diffuso in Italia la “molinologia”, una disciplina che studia la tecnica delle ruote ad acqua. Giuseppe Guanci nel libro “Acqua e energia: dalla ruota idraulica alla turbina”, ha pubblicato una documentata rassegna su queste tecniche, e Sergio Dotto, nel libro “L’acqua motore dell’industria”, illustra la storia delle centrali idroelettriche del bacino Velino-Nera, quello della famosa cascata delle Marmore, ”Tecniche antiche per il futuro” è il titolo di un saggio apparso nel numero 22 della rivista telematica “altronovecento”.

Esiste a Mantova una associazione di “amici” dei mulini ad acqua che riunisce numerosi gruppi di volontari impegnati nell’inventario dei ruderi e nel restauro dei mulini ad acqua; uno di questi è stato restaurato vicino Brescia dal Museo dell’industria e del Lavoro MusIL. Le località in cui esistevano mulini o ruote idrauliche si prestano potenzialmente all’insediamento di centrali mini-idroelettriche utilizzando nuove tecnologie.

Molte volte abbiamo sentito dire che tutte le risorse idroelettriche italiane erano state giù sfruttate e non avrebbero potuto dare molta altra elettricità, oltre ai 40-50 miliardi di chilowattore all’anno che stanno dando da anni. Eppure sull’Italia scorrono ogni anno circa 150 miliardi di metri cubi di acqua che tornano ogni anno al mare scendendo attraverso torrenti, fiumi, fossi, canali di irrigazione. Una ricerca del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha identificato in circa 200 miliardi di chilowattore all’anno il potenziale energetico di tutti i bacini idrografici italiani, da quattro a cinque volte di più dell’elettricità già prodotta dalle grandi centrali idroelettriche esistenti.

La diffusione di nuove piccole centrali sparse nel territorio non solo non provoca alterazioni delle valli, ma anzi stimola la sistemazione dei versanti, fa diminuire le frane e attenua i danni delle alluvioni. Insomma la riscoperta delle forze nascoste nelle acque in movimento salda insieme interessi di storia del territorio, di archeologia industriale, di difesa del suolo. Questa svolta tecnico-scientifica e culturale interessa anche la Puglia. La mancanza di grandi fiumi e torrenti potrebbe far pensare che nel passato l’energia idrica sia stata usata poco, ma non è così.

L’alto corso dell’Ofanto, le valli del bacino idrografico del Fortore, il corso del Basento sono ricchi di tracce e resti di mulini, alcuni rimasti in funzione fino a pochi anni fa. Volonterosi gruppi locali ne stanno facendo l’inventario come prezioso contributo alla storia economica e sociale del Mezzogiorno. Ma non basta. La Puglia è attraversata da “fiumi nascosti” costituiti dalle grandi canalizzazioni dell’Acquedotto Pugliese. si tratta di centinaia di milioni di metri cubi all’anno che scavalcano le montagne e scendono verso le pianure pugliesi; il ”contenuto energetico” di quest’acqua in discesa era già stato utilizzato in parte in passato con la costruzione a Villa Castelli (Brindisi) di una centralina idroelettrica poi abbandonata nel 1971; recentemente restaurata è oggi in grado di fornire circa mezzo milione di chilowattora di elettricità all’anno, una quantità piccola, se si considera che lo stesso Acquedotto assorbe molte diecine di milioni di chilowattora ogni anno per sollevare le sue acque, ma comunque tutt’altro che trascurabile. Più recentemente l’Acquedotto Pugliese ha creato a Gioia del Colle una piccola centrale idroelettrica che produce alcune migliaia di chilowattore all’anno. Inoltre anche in Puglia alcuni agricoltori cominciano a ricavare elettricità dal moto delle acque nei canali di irrigazione.

Questo mini-idroelettrico richiede macchinari speciali ed esiste una associazione di produttori di tali turbine e altre piccole imprese potrebbero nascere in questo settore. Insomma siamo di fronte davvero a tecniche antiche per ottenere energia rinnovabile e non inquinante per il futuro, con benefici per il territorio e l’ambiente e stimoli a innovazioni, nuove imprese e nuove occasioni di lavoro.





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