La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 10
novembre 2009
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
C’è un famoso racconto, attribuito ad Esopo, intitolato: il
padre, il figlio e l’asino. Un padre anziano, un figlio giovinetto e un asino
andavano per la loro strada. Il padre, stanco, sale sull’asino e la gente che
li vede passare dice: che egoista quel padre che lascia andare un giovinetto a
piedi. Allora il padre scende e fa salire sull’asino il figlio e la gente che
li vede passare dice: vergogna: quel giovinetto che lascia andare a piedi il
padre anziano. Allora padre e figlio salgono tutti e due sull’asino e la gente
dice: vergogna: due persone che sfiancano il povero asino. Allora padre e
figlio scendono e vanno a piedi al fianco dell’asino e la gente dice: ma sono
proprio scemi quei due che potrebbero andare senza stancarsi. Il racconto non
dice come è finita: forse si sono fermati tutti e tre.
E’ quanto sta avvenendo nel dibattito sulle fonti
energetiche rinnovabili e su altri aspetti delle riforme ambientali. Molti (e
anche chi scrive) sostengono che l’energia del futuro dovrà venire dalle fonti
energetiche rinnovabili, tutte derivate dal Sole, sotto forma di calore solare
o di energia eolica o di moto delle acque o di biomassa vegetale. Molti, anche
fra gli ambientalisti, obiettano che per ottenere calore o elettricità dal Sole
occorrono grandissime superfici di terreno e che queste si potrebbero trovare
soltanto nei paesi tropicali desertici i quali diventerebbero così produttori di
energia solare da esportare nei paesi industriali. A questa prospettiva alcuni
obiettano che si verrebbero a rovesciare gli equilibri geografici e politici
attuali e altri pensano a nuove grandi multinazionali monopolistiche
dell’energia solare proprio collocate nei paesi oggi poveri e emergenti.
Ma neanche sull’energia solare c’è accordo; alcuni puntano
alle centrali fotovoltaiche che producono energia direttamente per esposizione
al Sole di grandi pannelli capaci di produrre in un intero anno 100 chilowattore
di elettricità da ogni metro quadrato di superficie esposta al Sole, mentre
altri pensano a grandi centrali a specchi che concentrano l’energia solare su
caldaie in cui si forma vapore avviato poi alle turbine, proprio come avviene
nelle centrali termoelettriche a petrolio o carbone. Alcuni obiettano che
queste centrali termoelettriche solari fornirebbero elettricità soltanto quando
il Sole splende nel cielo, a meno di costose complicazioni, e richiedono per il
raffreddamento grandi quantità di acqua che è scarsa nei paesi in cui è più
intensa la radiazione solare.
Ed ecco che altri fautori delle energie rinnovabili sono
favorevoli alla produzione di energia elettrica con motori eolici, alimentati
dalla forza del vento ma anche qui non c’è accordo; alcuni ambientalisti
contestano che le grandi centrali eoliche con le loro pale del diametro di
diecine di metri deturpano il paesaggio, uccidono gli uccelli, e provocano
alterazioni ambientali, sottraendo terreno ad altri usi; peggio che peggio se
qualcuno propone di installare le pale eoliche in mezzo al mare, con ostacoli
per la navigazione e danni al turismo. Alcuni propongono in alternativa grandi
aquiloni che fanno girare le turbine sfruttando i venti che spirano molto forti
a centinaia di metri di altezza.
Resterebbe l’energia elettrica ricavabile dal moto delle
acque, quella che il grande ciclo delle piogge rende disponibile ogni anno
nella stessa quantità, ma anche qui altri ambientalisti obiettano che la
costruzione di invasi artificiali e di dighe provoca l’allagamento di grandi
superfici di terreno coltivabile e abitato e che così si innescano frane e
inoltre che alcune dighe potrebbero crollare, come è avvenuto in passato. Ma
allora si potrebbe recuperare energia dal moto spontaneo delle acque nelle
valli e nei fiumi, proprio come avveniva nei mulini del passato, mediante
piccole centrali idroelettriche sparse nel territorio; qualcosa si sta muovendo
in questa direzione come indicato da un recente libro sui “Comuni rinnovabili
2009” (pubblicato dalle Edizioni Ambiente di Milano), ma altri obiettano che la
produzione decentrata e diffusa dell’elettricità non é compatibile con la
richiesta energetica di un grande paese industriale.
Alcuni sostenitori delle fonti energetiche rinnovabili
“solari” suggeriscono la possibilità di utilizzare i vegetali, una parte della
biomassa che il Sole continuamente produce sulla superficie della Terra, come
combustibili o come materie prime da trasformare in carburanti capaci di
sostituire la benzina o il gasolio. Ma altri ambientalisti obiettano che in
questo modo si sottrarrebbe terreno alla produzione di alimenti, in un momento
in cui la fame nel mondo sta aumentando, o addirittura che si consumerebbero
prodotti agricoli alimentari, come cereali o grassi, per far marciare le grosse
automobili dei paesi industriali. O, ancora peggio, estenderebbero le
coltivazioni di vegetali “energetici” tagliando le foreste, così importanti per
rallentare i mutamenti climatici.
Come nella favoletta iniziale, a furia di dare retta a tutti
si continua a estrarre petrolio a tutto spiano, a far aumentare la
concentrazione dell’anidride carbonica nell’atmosfera, a peggiorare il clima e
così avanzano le alluvioni, l’innalzamento della superficie dei mari,
l’erosione delle coste e non si fa nessun passo concreto verso quei mutamenti
nella produzione di merci, nei cambiamenti dei cicli produttivi,
nell’organizzazione delle città, nell’edilizia, eccetera, le vere utili ricette
per rallentare i cambiamenti climatici futuri. Tutto per la maggior gloria
delle società che vendono fonti energetiche fossili e che sperano di vendere
centrali nucleari; società che sono poi spesso le stesse che sembrano così
amanti dell’ecologia perché fanno affari anche con la vendita di pannelli
solari, di motori eolici, di biodiesel; tanto più che quel poco che si fa nel
solare e nell’eolico non è spinto dall’amore per il pianeta e i suoi abitanti,
ma dalle ingenti sovvenzioni statali, fatte con pubblico denaro: un sistema per
produrre soldi a mezzo dell’ecologia.
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