martedì 21 febbraio 2012

Tecniche antiche per il futuro

La Gazzetta del Mezzogiorno, martedì 21 febbraio 2012

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

Venerdì 17 febbraio 2012 in tutta Italia è stata lanciata l’iniziativa “M’illumino di meno” per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi del risparmio energetico e delle fonti di energia rinnovabili. La situazione ambientale ed energetica mondiale impone, infatti, di ripensare i consumi di energia, da quelli personali, a quelli delle pubbliche amministrazioni e delle attività produttive. Consumare meno energia non significa stare al buio, ma usare l’energia e l’elettricità, beni preziosi ma costosi, in modo da trarne il massimo beneficio.

L’iniziativa quest’anno cade in un momento in cui il prezzo del petrolio ha ricominciato silenziosamente ad aumentare e le bizzarrie climatiche si fanno sempre più vistose come conseguenza del crescente inquinamento atmosferico dovuto proprio all’uso delle fonti di energia fossili. La risposta alla sfida comporta sia nuovi comportamenti, più attenti a non lasciare accese le lampade e le apparecchiature elettriche domestiche quando non è strettamente necessario, sia la ricerca di nuove soluzioni tecnico-scientifiche che permettano di usare di meno i combustibili fossili.

Fra le varie iniziative della giornata “M’illumino di meno” voglio citare quelle che si sono svolte presso il Museo dell’industria e del lavoro di Cedegolo (Brescia), l’unico dedicato all’energia idroelettrica, creato dalla Fondazione Luigi Micheletti di Brescia in una centrale restaurata. L’energia idroelettrica è la principale fonte di energia rinnovabile; l’energia solare, infatti, tiene in moto il ciclo dell’acqua e assicura il flusso dell’acqua che fa girare le turbine e gli alternatori. Rispetto ad una produzione elettrica italiana di circa 290 miliardi di chilowattore all’anno, l’elettricità rinnovabile prodotta per via idroelettrica ammonta a circa 50 miliardi di chilowattore, ben di più di quella ottenuta dalle altre due fonti rinnovabili, i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche (rispettivamente 2 e 10 miliardi di chilowattore all’anno). Le valli italiane, nel nord ma anche nel sud d’Italia, hanno ancora una grande ricchezza potenziale di elettricità, quel “carbone bianco” che ha permesso al nostro paese di avviare la prima industrializzazione nell’Ottocento e nel primo Novecento. E ancora adesso è possibile trarre altra elettricità con soluzioni innovative, senza ricorrere alle grandi dighe.

Presso il Museo di Cedegolo i visitatori hanno potuto vedere altri esempi di “Tecniche antiche per il futuro”. Alcuni studenti locali hanno costruito un “gassogeno”, il generatore di gas combustibili in grado di alimentare una automobile, una ingegnosa “tecnica antica”, poi dimenticata. Nel 1924 l’inventore francese Georges Imbert (1884-1950) aveva brevettato un dispositivo in grado di trasformare materiali organici vegetali, come residui agricoli e forestali, legna, segatura, in gas combustibili: si trattava di una caldaia nella quale una corrente di aria calda viene portata a contatto con la biomassa legnosa accesa; l’ossigeno dell’aria trasforma gli elementi del legno in una miscela di idrogeno e ossido di carbonio che, previa depurazione, possono essere avviati ad un motore a scoppio, proprio come si fa col metano o con il GPL. Il potere calorifico del gas di gassogeno è di circa 5 megajoule per metro cubo, più basso di quello del metano, ma sufficiente ai fini pratici. Il gassogeno è stato applicato, negli anni trenta e quaranta, alle automobili e agli autobus in Francia, Germania, Italia, Stati Uniti, Regno Unito, America Latina, Australia. Nel 1936 addirittura una automobile da corsa Alfa Romeo 1750, alimentata con un gassogeno, ha corso la Mille Miglia. Dopo un lungo oblio, adesso le agenzie delle Nazioni Unite stanno rivalutando i gassogeni come fonti di combustibili rinnovabili, soprattutto per i paesi in via di sviluppo.

A riprova dell’importanza delle fonti di energia rinnovabili, altri studenti di Cedegolo hanno illuminato le sale del Museo con l’elettricità prodotta da alternatori azionati a pedali. Qualsiasi ciclista sa che è possibile illuminare la strada con la luce delle lampadine da 6 volt alimentate con le “dinamo”, della potenza di 3 watt, il cui piccolo rotore è applicato alla ruota della bicicletta; un’altra invenzione che risale agli anni trenta. Una persona adulta ha una potenza muscolare (proveniente dalla combustione del cibo quotidiano e quindi rinnovabile ogni giorno) di circa 0,04-0,08 chilowatt. I volonterosi pedalatori di Cedegolo hanno dimostrato che il generatore elettrico da loro costruito produce 0,1 chilowattora per ogni ora di energica pedalata.

Non si tratta di scherzi o di giocattoli, ma di seri contributi allo sviluppo di tecnologie intermedie, quelle che possono aiutare le centinaia di milioni di persone ancora senza elettricità nel mondo, ad uscire dal buio, ad illuminare la propria povera vita utilizzando risorse locali con accorgimenti tecnici dissepolti … dal buio del passato..






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