Villaggio Globale, 6, (22),
37-47 (giugno 2003)
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
Alla fine della seconda guerra mondiale, nel 1945, un mondo
disastrato da distruzioni, morti, sofferenze si trovò di fronte alla necessità
della ricostruzione: anche i paesi vincitori, in grado maggiore Inghilterra e
Unione sovietica, ma anche gli stessi Stati uniti, dovevano pensare al proprio
futuro: d'altra parte lo sforzo bellico aveva messo a disposizione strumenti
tecnico-scientifici poco prima impensabili, dalle materie plastiche, alla
benzina sintetica, a nuovi veicoli e aerei, a nuove fonti di energia.
Gli studiosi che avevano lavorato alla costruzione della
bomba atomica avevano intuito che l'energia nucleare si sarebbe affiancata al
petrolio e al carbone; Fermi in una celebre conferenza tenuta già al suo arrivo
negli Stati uniti nel 1939 aveva detto che le forze liberate dalla fissione del
nucleo atomico avrebbero potuto muovere navi e alimentare centrali elettriche.
Proprio davanti a questa svolta, negli Stati Uniti l'amministrazione Truman affidò ad una commissione presieduta da William Paley una indagine sulle risorse per il futuro dell'America; furono pubblicati, nel 1952, cinque volumi (oggi ormai rarissimi), uno dei quali trattava il futuro delle fonti di energia. Curiosamente in tale documento poche speranze erano riposte nell'energia nucleare a fini commerciali e più speranze erano invece riposte nelle fonti energetiche rinnovabili: sole, vento, moto ondoso.
Tanto che alcuni studiosi cominciarono a passare in rassegna
quanto era noto su tali fonti energetiche e decisero di indire una conferenza internazionale
sull'energia solare nel 1955 a Phoenix, in Arizona. Apparve così non solo che
le ricerche sull'uso dell'energia solare erano già state numerosissime, ma che
erano disponibili i fondamenti tecnici per un uso su larga scala di tale fonte;
quasi tutti i problemi erano stati esaminati e risolti e si sapeva come
ottenere, con l'energia del Sole, calore a bassa e alta temperatura, come
riscaldare edifici e distillare l'acqua del mare, come cuocere gli alimenti,
come azionare macchine per far funzionare frigoriferi e pompe e centrali
elettriche. L'unica soluzione "nuova" sarebbe venuta nel 1955 con la
costruzione su scala industriale delle celle fotovoltaiche, i dispositivi che
trasformano direttamente la radiazione solare in elettricità..
Un inventario fatto dalla Associazione per le applicazioni
dell'energia solare nel 1955 elenca centinaia di laboratori attivi nel mondo
(sette anche in Italia, fra cui l'Istituto di Merceologia dell'Università di
Bari) e migliaia di articoli; la conferenza di Phoenix --- e la costituzione
della Solar Energy Society (oggi International Solar Energy Society) che
celebra fra poco i 50 anni dalla sua fondazione --- furono di stimolo a nuove
ricerche, ma gli anni sessanta del secolo scorso, con il petrolio a basso prezzo,
scoraggiarono ben presto le attività nel campo dell'energia solare. Di un libro
("L'energia solare e le sue applicazioni") che scrissi col prof.
Righini e che fu pubblicato da Feltrinelli nel 1966, furono vendute poche
decine di copie. Non interessava nessuno.
La nuova svolta ci sarebbe stata dopo la crisi petrolifera
del 1973 quando l'aumento, per dieci anni, del prezzo del petrolio spinse
imprese e governi a guardare di nuovo al Sole, anche se purtroppo ciò avvenne
spesso in maniera avventurosa e affrettata. Ci sono ancora edifici che portano
sul tetto pannelli solari abbandonati e che forse non hanno mai funzionato,
figli della breve moda solare degli anni settanta del Novecento.
La"normalizzazione" dei prezzi del mercato
petrolifero ha fatto morire la maggior parte dell'interesse scientifico e
produttivo per l'energia solare: c'è ancora un futuro economico e produttivo
per dispositivi che consentono di utilizzare l'energia irraggiata dal Sole al
servizio dei bisogni umani ?
Qualche anno fa su questa rivista apparve l'articolo
"Il fuoco d'oro" (<www.vglobale.it>, numero 4) che forniva
alcuni dati sulla contabilità energetica associata al Sole; quanta energia
irraggia il Sole verso la Terra ? quanta arriva sui continenti ? in quale forma
l'energia solare può sostituire quella ottenuta dai combustibili fossili o
dall'atomo ? come si pone l'energia solare in relazione alla crescente
attenzione per i problemi ambientali ?
Ripartiamo dai numeri di quell'articolo, chiedendo ai
lettori un poco di pazienza per il cambiamento delle unità di misura dai
chilowattore, usati allora, ai joule attuali, più corretti per confronti
internazionali (ricordando che 1 chilowattora kWh equivale a 3,6 milioni di
joule).
La quantità di energia solare che raggiunge i continenti in
un anno ammonta a un milione di esajoule, cioè ad un numero di joule uguale a 1
seguito da ventiquattro zeri (1.000.000 x 1018 joule); a titolo di
confronto si può ricordare che il consumo totale di fonti di energia nel mondo
ammonta nel 2003 a circa 400 esajoule all'anno; l'energia solare disponibile
sui continenti è quindi 2.500 volte superiore a tutta l'energia che i terrestri
traggono dai pozzi petroliferi o di gas naturale o dalle miniere di carbone o
dalle centrali nucleari o idroelettriche. (Qualche dato sui consumi energetici
attuali e sulle previsioni al 2025 si trovano nel libro "Le merci e i
valori", Milano, Jacabook, 2002).
Le stime più ottimistiche indicano che il petrolio che si
trova ancora nelle riserve utilizzabili ammonta a circa 150 miliardi di
tonnellate che hanno un "contenuto energetico" di circa 6.000
esajoule; più o meno lo stesso è il "contenuto energetico" delle
riserve mondiali di gas naturale. 12 o 15 o anche 20 mila esajoule --- tutta
l'energia esistente "dentro" gli idrocarburi che ancora sono nascosti
nel sottosuolo della Terra --- rappresentano una piccola frazione dell'energia
(un milione di esajoule, come si ricordava prima) che il Sole fa arrivare ogni
anno sui continenti.
Purtroppo questa enorme quantià di energia è scomoda da
utilizzare con le tecniche attuali. Le macchine che forniscono energia oggi
alle città e nelle fabbriche sono state progettate e costruite contando sulla
disponibilità di fonti di energia ricche e concentrate, mentre l'energia solare
è dispersa su grandi superfici e il suo "approvvigionamento" dipende
dalle ore del giorno, dalle stagioni, dalla località geografica, dai capricci
del clima. Solo per fare un esempio, l'energia fornita da un litro di benzina
(circa 32 milioni di joule) corrisponde all'energia che il Sole irraggia in un
giorno d'estate, ma soltanto dalle sei di mattina alle otto di sera, su 2 metri
quadrati della Puglia o in un giorno d'inverno su 20 metri quadrati della
stessa regione. Ma se si volesse trasformare l'energia della radiazione solare
in una forza motrice per un'automobile occorrerebbero superfici circa dieci
volte superiori.
Delle due l'una: o l'energia solare è una fonte energetica
"sbagliata" per far funzionare un'automobile, o le attuali automobili
sono "sbagliate" per un'era in cui il petrolio comincerà a
scarseggiare e in cui si dovrà ricorrere all'energia solare. Ho scelto proprio
il caso estremo, l'automobile, per dimostrare quanta strada occorra fare per i
decenni che ci aspettano (ai ritmi attuali di consumi petroliferi, circa 4
miliardi di tonnellate all'anno, cioè circa 16 EJ/anno, le riserve petrolifere
prima ricordate, circa 150 miliardi di tonnellate, sono sufficienti per meno di
quarant'anni).
Ma prendiamo un caso più facile, quello
dell'elettricità: nelle abitazioni dei
paesi industriali oggi l'elettricità arriva da centinaia di chilometri di
distanza, generata in grandi centrali termoelettriche alimentate da petrolio o
carbone; se cambiano le condizioni del mercato dell'energia (in altre parole,
se il petrolio diventerà più scarso e costoso) bisognerà per forza fornire
elettricità alle abitazioni, per l'illuminazione, per i televisori e i
computer, con sistemi fotovoltaici solari che sono capaci di trasformare la
radiazione solare in elettricità direttamente, con una produzione di circa 100
chilowattore all'anno per ogni metro quadrato di superficie e che sono già una
realtà commerciale.
E qui si cade nella trappola del costo monetario; se si
analizza il costo di produzione dell'elettricità solare confrontandolo con
quelli dell'elettricità ottenuta dal petrolio o dal carbone, si vede che quella
solare è più costosa, adesso. Ma ho apposta sottolineato
"adesso" perché i bassi prezzi attuali delle fonti energetiche
fossili non sono destinati a durare a lungo. Non a caso negli Stati uniti, che
oggi sono costretti ad importare il 60 per cento del petrolio che consumano (da
qui il loro morboso interesse politico e militare per le zone petrolifere del
mondo), il governo da anni incentiva la produzione di energia dal Sole o dal
vento, compensando con pubblico denaro l'"attuale" maggiore costo di
queste fonti, in vista di quando il petrolio costerà tanto più rispetto ad
oggi. Nel 2000 il governo americano ha lanciato l'iniziativa "un milione
di tetti solari", per indurre i proprietari di case a installare sul tetto
pannelli fotovoltaici per produrre, ciascuno per proprio conto, l'elettricità
necessaria, facendo così diminuire i consumi petroliferi delle grandi centrali
termoelettriche.
In un confronto fra costi e benefici va tenuto presente che
la svolta dalle fonti fossili (petrolio, gas e carbone) a quelle rinnovabili
(Sole e vento) spinge a innovazioni tecnico-scientifiche e porta la creazione
di nuove attività produttive e che il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili
permette di evitare i costi delle nocività ambientali dovute all'uso delle
fonti fossili: inquinamento dell'aria nelle città, modificazioni climatiche,
inquinamento del mare nelle operazioni di trasporto e movimentazione del
petrolio. Nessuno sa (o vuole) misurare il costo monetario delle malattie
dovute all'inquinamento, delle frane e alluvioni che derivano dai mutamenti
climatici. Si tratta di fare non dell'ecologismo di moda, ma delle serie
analisi economiche degli effetti della transizione dalle attuali alle future,
rinnovabili, fonti di energia.
Finora ho però parlato di problemi relativi a quella
minoranza dei terrestri (1.500 milioni di persone) che abitano nei paesi
industrializzati; ci sono però altri 4.500 milioni di persone che vivono nei
paesi arretrati e che sono, in gran parte, privi del tutto di energia o di
elettricità. Che vivono in paesi nei quali l'intensità della radiazione solare,
nel corso dell'anno, è maggiore rispetto ai paesi a clima temperato, come sono
quelli oggi industrializzati.
Sarebbe bene rileggere le numerose pubblicazioni dedicate
alle prospettive dell'uso delle energie rinnovabili al servizio degli abitanti
dei paesi arretrati, le realizzazioni dei numerosi centri mondiali che si
dedicano alle tecnologie intermedie per lo sviluppo. Bisogna partire dalla
conoscenza delle condizioni in cui vivono centinaia di milioni di persone,
spesso in villaggi isolati; poi dalla conoscenza dei loro bisogni energetici
elementari, del tutto diversi dai nostri. Mentre enormi investimenti, nei paesi
industriali, sono dedicati a telefoni cellulari sempre più sofisticati e
gettati via dopo pochi mesi, a apparecchiature elettriche spesso frivole e
inutili, la sopravvivenza di molte imprese industriali potrebbe essere
assicurata da una svolta radicale e innovativa verso la produzione di
dispositivi semplici, efficienti, che richiedono la minima manutenzione, capaci
di fornire energia per frigoriferi (la conservazione di medicinali e alimenti
può salvare milioni di vite ogni anno), per strumenti di telecomunicazione che
informino sulle condizioni meteorologiche e sulle pratiche agricole, che
forniscano informazioni sanitarie e una educazione di base ai ragazzi, per
macchinari che siano capaci di depurare le acque inquinate e di sollevare acqua
dai pozzi, che siano capaci di assicurare la mobilità delle persone e il
trasporto di prodotti agricoli, eccetera.
Tutte queste necessità "elementari", così diverse
da quelle frivole offerte dalla pubblicità da noi, possono essere soddisfatte
mediante un uso appropriato dell'energia solare. Si tratta però di ricominciare
da capo, di riesaminare criticamente quanto si è fatto finora, di inventare
nuovi dispositivi in grado di essere compresi e assimilati da comunità ancora
tecnicamente arretrate.
Ci sarebbe lavoro per decine di ricercatori e inventori e
imprenditori dei paesi industriali che fossero capaci di operare con attenzione
per i paesi emergenti; il trasferimento nel Sud del mondo delle nostre merci e
delle nostre apparecchiature è destinato all'insuccesso. Il successo economico
delle imprese del Nord del mondo può venire invece dalla progettazione di nuovi
oggetti ispirati ai bisogni dei destinatari, più che dallo smaltimento delle
nostre eccedenze produttive. Dalla progettazione di cose che possano essere
prodotte sul posto, con materie disponibili nei paesi arretrati, che richiedano
la minima manutenzione e che nello stesso tempo diventino occasioni di
"educazione tecnica" degli abitanti dei villaggi nelle foreste, nelle
savane.
Già nell'articolo apparso nel n. 4 di "Villaggio
globale" veniva ricordato che Giacomo Ciamician, professore di chimica
dell'Università di Bologna, in una conferenza tenuta negli Stati Uniti nel 1912
(avete letto bene, quasi un secolo fa) disse che con l'energia solare "i
paesi tropicali verrebbero ad ospitare di nuovo la civiltà che in questo modo
tornerebbe ai suoi luoghi di origine". E' proprio questa la strada da
battere per far sì che il Sole possa diventare occasione di incontri di civiltà
e possa contribuire ad attenuare gli attuali e futuri conflitti politici e
anche ecologici associati all'uso dalle fonti energetiche attuali.
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